Il 14 ottobre, quasi nel silenzio generale, l'Unione Europea stava per votare una misura capace di modificare in modo irreversibile la nostra libertà di comunicazione. Ma, dopo il dietrofront della Germania annunciato proprio ieri, la votazione è stata rimandata.
Negli ultimi mesi, a Bruxelles si discute con sempre più insistenza di una proposta che potrebbe cambiare radicalmente il nostro rapporto con la privacy digitale: il ChatControl. Ufficialmente nasce con l’intento di combattere la pedopornografia online, ma dietro la facciata della protezione dei minori si nasconde un progetto molto più oscuro: la creazione di un sistema di sorveglianza di massa generalizzato su tutte le comunicazioni private.
Dodici Paesi europei hanno già espresso sostegno alla misura, mentre l'Italia non ha ancora preso una posizione, segno che l’idea di un controllo pervasivo trova spazio anche nei contesti democratici. Eppure, se dovesse entrare in vigore, questa iniziativa rischierebbe di minare principi che sono alla base della società libera europea: la riservatezza, la libertà di espressione, il diritto alla segretezza delle comunicazioni.
A prima vista, la proposta sembra animata dalle migliori intenzioni: nessuno metterebbe in discussione l’importanza di proteggere i minori da crimini orrendi. Ma il modo in cui il ChatControl intende farlo lascia perplessi.
Il piano prevede che ogni messaggio, email o immagine scambiata online venga analizzata automaticamente da un sistema di intelligenza artificiale, alla ricerca di contenuti “sospetti”. In pratica, un algoritmo verrebbe incaricato di leggere, o quantomeno scandagliare, ogni nostra comunicazione privata. I messaggi sospetti verranno inoltrati ad operatori umani per una doppia verifica, i quali dovranno decidere se girare il materiale all'Europol o meno.
È facile intuire quanto sia sottile il confine tra la tutela e l’abuso. Oggi il fine è la lotta agli abusi sessuali sui minori, domani, chi può garantire che lo stesso strumento non venga usato per sorvegliare dissidenti politici, giornalisti o semplicemente cittadini scomodi?
L’idea di vivere in una comunità dove ogni messaggio può essere esaminato da un software è agghiacciante. Non solo per la perdita della privacy in sé, ma per l’effetto che avrebbe sul comportamento delle persone. Sapere di essere costantemente osservati induce a censurarsi, a non esprimere liberamente opinioni o pensieri personali. È il cosiddetto chilling effect, la paura di parlare che corrode la libertà dall’interno.
Inoltre, nessun sistema automatizzato è infallibile. Gli algoritmi possono sbagliare, interpretare male un’immagine o un testo, e generare falsi positivi che potrebbero avere conseguenze devastanti per persone innocenti. E in un contesto simile, chi garantisce un controllo umano, o la possibilità di difendersi?
Ma soprattutto, chi utilizza lo smartphone per scopi illeciti troverà facilmente il modo per bypassare i controlli (vedi GrapheneOS), così a farne le spese saranno i cittadini onesti e chi non ha competenze per opporsi a tutto ciò. Inoltre, ci sono già gruppi che si stanno organizzando per mandare in tilt l'intero sistema inviando enormi quantità di falsi positivi tramite bot, a quel punto la rete di verifica verrà congestionata, portando il sistema verso il collasso.
Dietro ChatControl non c’è soltanto un’idea tecnologica, ma una precisa visione del potere: uno Stato che, nel nome della sicurezza, si arroga il diritto di monitorare tutto e tutti. È un passo che segna una linea di non ritorno nella gestione del digitale europeo, perché normalizza l’idea che la sorveglianza sia accettabile, persino necessaria.
Opporsi a ChatControl non significa ignorare la necessità di proteggere i minori. Significa invece chiedere strumenti proporzionati e rispettosi dei diritti fondamentali.
La soluzione non può essere trasformare l’intera popolazione in potenziali sospetti. Occorrono controlli mirati, basati su indagini giudiziarie, non su scansioni automatiche di massa.
Se l’Europa vuole restare fedele ai suoi principi di libertà e dignità umana, deve respingere la tentazione del controllo totale. Perché la sicurezza non si conquista rinunciando alla libertà, ma trovando un equilibrio che la preservi.