Basta una foto: come il riconoscimento facciale permette a uno sconosciuto di scoprire la vostra identità


Oggi vi parlo di uno degli strumenti OSINT più inquietanti degli ultimi anni, e di come difendervi da esso.

Ciò che fino a pochi anni fa sembrava un'esclusiva di film fantascientifici è ormai realtà, grazie all’intelligenza artificiale. Oggi, uno sconosciuto incrociato per strada, scattandovi una foto, può in pochi istanti risalire alla vostra identità, al luogo di lavoro, all’indirizzo di casa, ai vostri profili social, al vostro numero di telefono e molto altro ancora. 

Tutto questo è possibile grazie a PimEyes, il più potente strumento di riconoscimento facciale mai reso disponibile al pubblico. 

PimEyes è un motore di ricerca un po’ diverso da quelli a cui siamo abituati. Non cerca parole, ma volti.

Basta caricare la foto di una persona, e in pochi secondi il sito scandaglia miliardi di immagini pubblicamente disponibili online - su siti, blog, forum e social network - per trovare altri scatti in cui compare lo stesso volto. E, come se non bastasse, di recente è stato trovato un exploit per integrare questa tecnologia ai Ray-Ban Meta, rendendo il riconoscimento praticamente immediato.

All’inizio PimEyes era stato presentato come uno strumento utile per proteggere la propria immagine, ad esempio per capire dove e come circolano online le proprie foto. Ma nel tempo è diventato anche un motivo di forte preoccupazione per la privacy: chiunque può usarlo per identificare una persona sconosciuta, scoprire i suoi profili social o persino intuire dove vive o lavora.

Questo equilibrio sottile tra sicurezza e invasione della privacy ha reso PimEyes uno degli strumenti OSINT (Open Source Intelligence) più discussi e controversi di sempre. È un esempio perfetto di come l’intelligenza artificiale possa essere, allo stesso tempo, un’arma per difendersi e un rischio da cui difendersi.

Un esempio recente della dannosità di questo strumento lo abbiamo avuto questa estate. Durante un concerto dei Coldplay al Gillette Stadium di Boston, la celebre kiss cam ha inquadrato una coppia tra il pubblico. L’uomo e la donna, colti di sorpresa, hanno reagito in modo imbarazzato, cercando di distogliere lo sguardo. La scena, trasmessa sui maxischermi e subito ricondivisa online dai presenti, è diventata virale nel giro di poche ore.

Da lì, il passo successivo è stato inevitabile: migliaia di utenti hanno iniziato a cercare di scoprire chi fossero quelle due persone. I più avvezzi hanno utilizzato proprio PimEyes, riuscendo a risalire alle loro identità, ai profili social, ai luoghi di lavoro e persino alla loro situazione familiare.

In poche ore, due sconosciuti qualunque sono diventati protagonisti di un caso mediatico globale.
Un episodio che dimostra quanto sia facile, oggi, trasformare un semplice momento di vita privata in un evento pubblico, e quanto tecnologie simili possano amplificare esponenzialmente questo rischio.

Come difendersi: il diritto a sparire dal web

Fortunatamente, non tutto è perduto. Anche se strumenti come PimEyes sembrano rendere impossibile proteggere la propria privacy, esistono ancora strategie concrete per difendersi.

Il sito stesso di PimEyes offre una funzione chiamata “Opt-Out”, che permette di richiedere la rimozione delle proprie immagini dai risultati di ricerca.
Il processo è relativamente semplice:

  1. Si accede alla pagina ufficiale dell’Opt-Out di PimEyes.
  2. Si carica una o più foto del proprio volto, che serviranno all’algoritmo per identificare le immagini corrispondenti.
  3. Una volta completata la verifica, PimEyes elimina i risultati collegati al proprio volto dal suo motore di ricerca.

In questo modo, chi proverà a cercarvi tramite una foto non troverà più corrispondenze visibili.

Tuttavia, è importante ricordare che l’opt-out non cancella le immagini da internet, ma solo dai risultati di PimEyes. Le foto restano dove erano, su siti, blog o social network, e in futuro potrebbero riapparire su altri strumenti simili.

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