La guerra dell’IA rischia di replicare il crollo dei motori di ricerca degli anni ’90

Un solo vincitore, molti “perdenti”

Nel pieno della corsa globale all’Intelligenza Artificiale, l’imprenditore miliardario Mark Cuban ha lanciato un avvertimento che risuona come un déjà-vu della storia di Internet: la competizione tra colossi tech per dominare l’IA potrebbe finire esattamente come la guerra dei motori di ricerca degli anni ’90 - con un unico vincitore e una lunga scia di “cadaveri” digitali.

Negli anni ’90 esistevano decine di motori di ricerca: AltaVista, Lycos, Ask Jeeves, Excite, Inktomi e molti altri. Poi è arrivato Google. Più veloce, più preciso, più scalabile.
Risultato: gli altri sono scomparsi in pochi anni.

Secondo Cuban, lo stesso destino potrebbe ripetersi oggi con l’IA generativa: piattaforme come OpenAI, Google, Meta, Anthropic e altre stanno bruciando miliardi per conquistare utenti, modello dopo modello, aggiornamento dopo aggiornamento. Ma alla fine, avverte l’imprenditore, il mercato potrebbe consolidarsi drasticamente.

La competizione attuale: una maratona… o uno scontro frontale?

Le Big Tech stanno investendo su tre fronti principali:

  • Potenza computazionale (GPU, data center, supercomputer)
  • Modelli linguistici sempre più avanzati
  • Integrazione totale nei propri ecosistemi (OS, cloud, hardware personale)

Cuban sottolinea come questo ritmo di innovazione rapidissimo possa portare a differenze qualitative sempre più marcate tra i player. In altre parole: chi riuscirà a distanziare gli altri anche solo per qualche mese potrebbe creare un vantaggio competitivo impossibile da colmare.

Perché un solo vincitore?

Secondo Cuban, l’IA generativa è un settore che tende naturalmente a:

1. Effetti di rete

Più utenti → più dati → più addestramento → modello migliore → ancora più utenti.
Un circolo difficilissimo da invertire.

2. Costi enormi di ingresso

L’accesso alla potenza di calcolo necessaria è insostenibile per startup e nuovi concorrenti.

3. Dipendenza dagli ecosistemi

Se un colosso integra l’IA profondamente nel proprio hardware, software e servizi cloud, l’utente tenderà a restarne “incastrato”.

Che cosa significa per il futuro dell’IA?

Se Cuban ha ragione, potremmo assistere a un futuro in cui:

  • solo pochi modelli dominano il mercato globale
  • gli sviluppatori si concentrano su un’unica tecnologia prevalente
  • l’innovazione dipende da un ristretto gruppo di aziende
  • startup e nuovi player trovano sempre meno spazio

Allo stesso tempo, uno scenario del genere solleva domande etiche e politiche su concorrenza, monopolio, privacy e controllo dell’informazione.

Conclusione

Mark Cuban non è nuovo a previsioni disruptive, ma il suo paragone con la “guerra dei motori di ricerca” degli anni ’90 è un avvertimento che merita attenzione.
La corsa all’IA non è solo tecnica o economica: è una battaglia per la leadership tecnologica del prossimo decennio.
E come ci insegna la storia, in alcune guerre digitali non c’è posto per molti vincitori.

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